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Omaggi e biografie:

Note autobiografiche di Agustí Chalaux de Subirà (1911-2006).

Il miglior presidente dell’Argentina: articolo storico su Arturo Illia.

Presentazione.

Palazzo del Governo dell'Argentina di fronte a Plaza de Mayo. Foto: GameOfLight, Wikipedia.In questo servizio rievochiamo un politico etico che raggiunge in modo democratico la presidenza del suo paese e introduce l’applicazione di proposte a favore del suo popolo. Il suo atteggiamento, insieme onesto e coraggioso, gli fa adottare delle misure che provocano la reazione dei poteri fattici, il che produce il colpo di stato che lo allontana dalla sua carica.

Dal Centro Studi Joan Bardina ringraziamo il lavoro di chi ha scritto questo servizio come un omaggio a Arturo Umberto Illia, rivendicando un sistema economico, politico e sociale che permetta che siano persone di spirito etico ad occupare dei posti di responsabilità politica, dove non ci siano contraddizioni fra i mezzi applicati e il proposito di servizio alla collettività.

Gruppo del Centro Studi Joan Bardina.
Venerdì, 6 aprile 2018.
Traduzione: Loto Perrella.


Il club dei libri perduti.

Argentina. Arturo Illia. Colpo di stato.

Il miglior presidente dell’Argentina: articolo storico su Arturo Illia.

35 anni fa, il 18 gennaio 1983, moriva in povertà l’ex Presidente Arturo Illia. Medico di professione, avendo rinunciato alla pensione, trascorse i suoi ultimi giorni lavorando nel panificio di un amico.

Fra i suoi oggetti personali si trovò soltanto un paio si scarpe.

Non aveva l’automobile, che aveva dovuto vendere durante la sua presidenza per pagare le cure di sua moglie, che finì morendo di cancro.

Esercì come medico in Cruz del Eje, Córdoba, dove lo chiamavano «l’Apostolo dei Poveri», perché assisteva i malati senza risorse, dai quali si recava a cavallo, in sulky, o a piedi, e comprava lui stesso le medicine.

Il premio Nobel Federico Leloir, secondo quanto racconta Marcos Aguinis, ebbe il coraggio di ribattere coloro che pretendevano sminuire l’eredità di Arturo Illia, dicendo: «l’Argentina ebbe una brevissima Età dell’Oro nelle arti, la scienza e la cultura: fu dal 1963 al 1966.»

Arturo Illia (1900-1983).
Arturo Illia (1900-1983).

Quando Arturo Umberto Illia assunse il potere come presidente (1963-1966), la sua dichiarazione giurata comprendeva qualche risparmio, un’automobile, e la sua casa di Cruz del Eje. La sua casa gli era stata donata dai vicini, pazienti e amici.

Quando lasciò il potere, gli restavano soltanto la casa, quattro abiti ed altri capi di uso personale.

Arturo Illia lottò tutta la vita per i diritti dei più deboli, dimostrando a tutto il paese ed alle altre nazioni latinoamericane che si può esercire il Governo di una Repubblica senza lasciare da parte i valori etici ed i principi ideologici, governò per il popolo, senza mai far passare davanti le speculazioni politiche personali o di partito, ma facendo sempre il meglio per il suo paese, la sua sovranità politica e il rafforzamento delle istituzioni democratiche.

«Questa è l’ora della riparazione nazionale, alla quale tutti dobbiamo contribuire qualche cosa. Questa à l’ora della grande rivoluzione democratica, l’unica che il popolo vuole e si aspetta, pacifica, è vero, ma etica, profonda e vivificante, che nel ristabilire le forze morali della nazionalità ci permette far fronte a un destino pieno di promesse con fede e speranza.»

Arturo Umberto Illia.

Questo fu il messaggio pronunciato quando fu nominato presidente.

Copertina di rivista: «Un medico per un paese malato: Arturo Illia».
Copertina di rivista: «Un medico per un paese malato: Arturo Illia».

È importante mettere in evidenza la sua gestione: lo stimolo della Legge dei Farmaci, la Legge del Salario Minimo Vitale e Aggiornabile, l’abrogazione dei Contratti Petrolieri, l’abrogazione delle Spese Riservate, la difesa della Sovranità delle Malvine (Isole Falkland) davanti all’ONU, e la destinazione di un 25% del bilancio dello stato per l’Educazione , la cifra più alta nella storia del paese, e inoltre garantire la validità dei diritti civili, le libertà pubbliche, e il progetto di una politica esteriore sovrana e solidale, soprattutto con i popoli in via di sviluppo, e inoltre portò avanti un piano di alfabetizzazione e ridusse la disoccupazione... tutto quanto in meno di 3 anni.

«Quello di cui ha bisogno la nostra democrazia è essere un’autentica espressione della sua vera essenza. L’importante non è che il sentito sociale della democrazia si trovi nelle nostre dichiarazioni politiche o negli statuti dei partiti, ma che gli argentini abbiano la decisione e il valore di metterlo in pratica.»

Arturo Umberto Illia.

La sua gestione nel Governo.

Arturo Illia assunse la sua carica il 12 ottobre 1963. Il suo primo atto fu di eliminare le restrizioni che pesavano sul peronismo. Dalla Rivoluzione Liberatrice le manifestazioni di questo partito erano proibite dal Decreto 4161/56, ma cinque giorni dopo l’assunzione del governo da parte di Illia ci fu un atto commemorativo per il 17 ottobre in Plaza Miserere senza alcuna limitazione. Nello stesso modo si levarono i divieti elettorali, permettendo la partecipazione del peronismo nelle elezioni legislative del 1965. Venne levato anche il divieto che pesava sul Partito Comunista e si adottarono sanzioni per la discriminazione e la violenza razziale.

Jairo racconta un aneddoto familiare con Arturo Illia come protagonista. Video di 4 minuti 22 secondi.

La legge del salario minimo, vitale e aggiornabile.

Il 15 giugno 1964 viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la Legge 16.459 del salario minimo, vitale e aggiornabile, seguita della creazione del Consiglio del Salario, integrato da rappresentanti del Governo, gli imprenditori e i sindacati.

Fra gli obiettivi del proietto c’era la necessità di «evitare lo sfruttamento dei lavoratori in quei settori nei quali ci possa essere un eccesso di mano d’opera», «garantire un’entrata minima adeguata» e «migliorare i salari dei lavoratori più poveri.»

Allo stesso scopo si approvò la Legge di Approvvigionamento, destinata a controllare i prezzi della cesta familiare e lo stabilimento di importi minimi per le pensioni.

«Dobbiamo lottare per l’uomo stesso, perché è l’evidenza umana quella che fa traballare i tiranni ed i falsi dèi. E se non siamo sicuri che la nostra verità sia la verità, sappiamo bene, però, dove si trova la menzogna.»

Arturo Umberto Illia.

La politica petroliera.

Il Presidente dell’Argentina Arturo Umberto Illia parla in pubblico.
Il Presidente dell’Argentina Arturo Umberto Illia parla in pubblico.

Arturo Frondizi aveva iniziato con il suo governo una politica di sfruttamento petrolifero basata nella concessione dei giacimenti a società private, riservando per l’azienda statale Yacimientos Petrolíferos Fiscales (YPF) l’attività di esplorazione e l’acquisto della produzione dalle società concessionarie. Alle obiezioni di carattere economico e commerciale (come il trasferimento del rischio aziendale alla YPF, che doveva effettuare gli investimenti per le nuove esplorazioni, o l’aumento del prezzo dei combustibili), la piattaforma elettorale di Illia denunciava la politica delle concessioni già che la considerava contraria agli interessi nazionali, e assunse impegno di annullare i contratti di concessione.

Il 15 novembre 1963 Illia firmò i decreti 744/63 e 745/63 che annullavano i menzionati contratti per «vizi di illegittimità e perché erano dannosi ai diritti e interessi della Nazione.»

L’Educazione.

Durante la sua gestione di governo, l’educazione ebbe un peso significativo nel Bilancio dello Stato. Nell’anno 1963, la sua partecipazione era del 12%, nel 1964 del 17%, nel 1965 del 23%.

Il 5 novembre 1964 entra in funzione il Piano Nazionale di Alfabetizzazione, allo scopo di ridurre il tasso di analfabetismo che all’epoca si calcolava un po’ al di sopra del 10% della popolazione adulta. In giugno 1965 il Programma aveva dodicimila cinquecento centri di alfabetizzazione, e il suo lavoro raggiungeva trecento cinquanta mila allievi fra i diciotto e gli ottanta anni.

Fra il 1963 e 1966 ottennero il titolo dalla UBA 40.000 allievi, la cifra più alta in tutta la storia dell’università.

La legge dei farmaci.

La Legge 16.462, chiamata anche Legge Oñativia in omaggio al Ministro della Sanità Arturo Oñativia, fu approvata da tutti i blocchi, eccetto la UDELPA e la Federazione di Partiti del Centro, e sancita il 28 agosto 1964. Questa stabiliva una politica di prezzi e di controllo dei farmaci, congelando i prezzi su quelli in vigore a fine 1963, ponendo dei limiti alle spese pubblicitarie, limitando la possibilità di fare dei pagamenti all’estero in concetto di gratifiche e per l’acquisto di materiali. La regolamentazione della Legge, per mezzo del Decreto 3042/65 stabiliva inoltre l’obbligo per le aziende di presentare mediante una dichiarazione giurata un’analisi di costi e di formalizzare tutti i contratti di gratifiche esistenti.

Questa legge sorge da uno studio realizzato da una commissione creata del Presidente Illia su 300.000 campioni di farmaci. Molti di questi farmaci non erano fabbricati d’accordo con la formula dichiarata dal laboratorio, e il loro prezzo superava un 1000% il costo di produzione.

Sostenitori, avversari e osservatori imparziali furono d’accordo che questa politica ebbe un peso decisivo nel processo politico che poi sfociò nel rovesciamento del presidente per mezzo di un colpo militare.

«Il nostro ordine sociale sarà giusto soltanto quando si riesca a garantire all’uomo argentino la soddisfazione delle sue necessità fisiche e spirituali, unendo le risorse umane al progresso tecnico del paese.»

Arturo Umberto Illia.

La politica economica.

Nell’aspetto economico, il governo di Arturo Illia seguì una politica di sistemazione del settore pubblico, di riduzione del debito pubblico e di stimolo all’industrializzazione. Venne creata una Curatela di Aziende Statali, pere un miglior controllo delle aziende pubbliche.

L’evoluzione del Prodotto Interno Lordo durante quel periodo fu del -2,4% per l’anno 1963, del 10,3% per l’anno 1964, e del 9,1% per l’anno 1965. L’evoluzione del Prodotto Industriale Lordo fu del -4,1% per l’anno 1963, del 18,9% per l’anno 1964, e del 13,8% per l’anno 1965. Il debito esterno diminuì da 3.400 milioni di dollari a 2.600 milioni.

Il salario orario reale aumentò fra dicembre 1963 e dicembre 1964 un 9,6%. La disoccupazione passò dall’8,8% nel 1963 a 5,2% nel 1966.

Il rovesciamento.

Il 28 giugno 1966, all’alba, Illia si trovava nel sede del Governo, assieme ai ministri, collaboratori, alcuni senatori e deputati nazionali radicali. Alle 5.10 di quel giorno si introdussero il generale Julio Alsogaray, il Capo della Casa Militare brigadiere Rodolfo Pío Otero, il colonnello Luis Perlinger, e un gruppo di ufficiali.

Il Presidente argentino Arturo Umberto Illia in pubblico.
Il Presidente argentino Arturo Umberto Illia in pubblico.

La ricostruzione del dialogo fu pubblicata dalla rivista «Somos» il 21 gennaio 1983:

–Alsogaray: Vengo ad eseguire gli ordini del comandante in capo...

–Illia: Il comandante in capo delle Forze Armate sono io. (Indicando un libro che si trova a un lato del suo tavolo). La mia autorità deriva da questa Costituzione che noi abbiamo assolto e che voi pure avete giurato di assolvere. Al massimo, lei è un generale insorto che inganna i suoi soldati.

–Alsogaray: In rappresentanza delle Forze Armate vengo a chiederle di abbandonare questo ufficio. La scorta di granatieri l’accompagnerà.

–Illia: Lei non rappresenta le Forse Armare, soltanto un gruppo di insorti. Lei e coloro che l’accompagnano agiscono come briganti notturni...

–Alsogaray: Signor Presid... (si corregge) Dottor Illia...

–Diverse voci: «Signor Presidente!»

–Alsogaray: Per evitare atti di violenza le chiedo di nuovo di abbandonare questa sede.

–Illia: Siete voi che state provocando la violenza. Voi non avete nulla in comune con l’Esercito di San Martín e di Belgrano. Avete fatto molto male alla patria e continueranno a farne. Il paese vi condannerà per questa usurpazione...

–Alsogaray: Sta portando le cose a un terreno che non è di sua competenza, Dottor Illia. Le assicuriamo il trasferimento alla residenza di Olivos. La sua integrità fisica è garantita.

–Illia: Il mio benessere personale non mi interessa. Resto a lavorare nel posto che mi indica la legge e il mio dovere. Come comandante in capo le ordino di ritirarsi.

–Alsogaray: Io solo ricevo ordine dal comandante in capo dell’Esercito.

–Illia: L’unico capo supremo delle Forze Armate sono io. Voi siete degli insorti. Fuori da qui!

I capi militari abbandonano l’ufficio presidenziale. Alle sei ritorna il colonnello Perlinger assieme a degli ufficiali subalterni. Perlinger si avvicina dal lato sinistro fino al tavolo di Illia e gli dice con tono fermo:

–Perlinger: Dottor Illia, nel nome delle Forze Armate vengo a dirle che è stato destituito.

–Illia: Ho già detto al generale Alsogaray che voi non rappresentate le Forze Armate.

–Perlinger: Mi correggo. Nel nome delle forze che possiedo...

–Illia: Porti queste forze.

–Perlinger: Non arriviamo a questo...

–Illia: Siete voi che usate la forza, non io.

Il Presidente argentino Arturo Umberto Illia seduto, parlando in pubblico.
Il Presidente argentino Arturo Umberto Illia seduto, parlando in pubblico.

«I giovani non devono mai accettare che gli tolgano il più importante dei diritti di un essere umano, che è la libertà di pensare.»

Arturo Umberto Illia.

Perline e i suoi compagni si ritirano. Alle 7.25 Perlinger ritorna, questa volta a capo di un gruppo di uomini della guardia di fanteria della Polizia Federale, portando pistole lanciagas.

–Perlinger: Dottor Illia, la sua integrità fisica è pienamente garantita, ma non posso dire altrettanto per le persone che sono con lei. Queste saranno sloggiate con la forza.

–Illia: La sua coscienza le recriminerà quello che sta facendo. (parlando alla truppa di polizia). Molti di voi si vergogneranno di ubbidire questi ordini indegni da qualcuno che non è neanche il vostro capo. Ricordate: quando racconterete ai vostri figli quello che avete fatto in questa occasione, vi vergognerete...

–Perlinger: Dottor Illia, dovremo usare la forza...

–Illia: È l’unica cosa che avete...

–Perlinger: (con tono energico ai suoi uomini): Due ufficiali sorveglino il dottor Illia, gli altri avanzino e sloggino la sala.

La truppa avanza mentre che i due ufficiali che dovevano sorvegliare Illia non possono compiere l’incarico, già che questo viene immediatamente circondato dai suoi collaboratori. C’è agitazione, ma in pochi minuti l’ufficio viene sloggiato. Illia e i suoi collaboratori scendono le scale fino a piano terreno, seguiti da vicino dal piccolo battaglione di lanciagas. Erano le 7.40, sui marciapiedi della Plaza de Mayo e del Banco de la Nación diverse dozzine di soldati pancia a terra tengono sotto mira la Casa Rosada coi loro fucili. Alle 7.45 Illia sale su un taxi per andare da suo fratello a Martínez.

«Somos» non riportò fedelmente i dialoghi. Altre testimonianze ci permettono di introdurre alcune espressioni importanti, dopo aver menzionato che quasi tutto il gruppo balbinista accompagnava Illia nella circostanza. Alsogaray si era messo alla sinistra del Presidente Illia, il quale, senza alzare la testa, senza neanche guardarlo ne scomporsi, aveva continuato quello che stava facendo. Questo aveva infastidito il militare il quale, irritato, cercò di togliergli la foto che in quel momento Illia firmava per uno dei suoi collaboratori (un impiegato della segreteria privata, o il capo della stessa, Miguel Ángel López, o un fattorino, secondo le diverse versioni). Illia impedí che il militare gli prendesse la foto e a continuazione ebbe luogo la parte di dialogo che la rivista non riprese:

–Alsogaray: Lasci questo, mi permetta...

–Illia: Stia zitto... Io non la conosco. Chi è lei?

–Alsogaray: Sono il generale Alsogaray...

–Illia: Aspetti. Sto badando a un cittadino. Come si chiama, amico?

–Alsogaray: Mi rispetti...

–Illia: (dopo aver firmato la foto). Questo giovane è più importante di lei. È un cittadino degno e nobile. (Si mette in piedi e si dirige al generale) Che cosa vuole?

–Alsogaray: Vengo a eseguire gli ordini del comandante in capo...

Prosegue in linee generali il dialogo già riportato, ma con una variante:

–Alsogaray. In rappresentazione delle Forze Armate le chiedo di abbandonare l’ufficio.

–Illia: Lei non rappresenta le Forze Armate, soltanto rappresenta un gruppo di insorti. Lei e coloro che sono con lei agiscono come dei briganti notturni, come dei banditi apparite all’alba per occupare la sede del Governo...

Anni più tardi, il colonnello Luis C. Perlinger inviò al dottor Illia la seguente nota:

«Al principio del 1966, quando lei era Presidente della Nazione, ebbi alcune riunioni in Mar del Plata e in Buenos Aires con dei generali che avevano importanti cariche nell’EMGE. Io cercai di convincerli di non rompere l’ordine istituzionale. Ma la mia predica si rivelò inutile, e seguendo l’idea sbagliata che l’unità della forza minacciata da casi isolati di opposizione era più importante che il rispetto alla Costituzione, mi piegai al movimento che scoppiò il 28 giugno.

Circostanze non cercate, ma che accadono spesso negli uomini di azione, mi assegnarono un ruolo importante nella sua destituzione.

In una presentazione fatta in luglio 1976, che distribuii abbondantemente, e che mi occupai di farle arrivare, scrivevo: «Dieci anni fa l’Esercito mi ordinò di evacuare l’ufficio presidenziale. Allora il dottor Illia avanzò verso di me serenamente e mi ripetè diverse volte: I suoi figli glie lo rinfacceranno. Aveva molta ragione!» È da tempo che io mi recrimino l’essere caduto allora nella trappola di aiutare ad evacuare un movimento autenticamente nazionale.

Quel mattino lei mi diede una lezione indimenticabile di civismo. Il riconoscimento pubblico del mio errore che feci nel 1976, anche se non può riparare il danno causato, dà a lei, uno dei grandi democratici del nostro paese, la soddisfazione che il suo ultimo atto di governo fosse trasformare in un vero democratico l’uomo che lo stava cacciando con la forza delle armi dal suo posto costituzionale...»

Prima pagina del giornale «El Litoral»: «Deposto il governo del Dottor Illia. J. Onganía, Presidente provvisorio».
Prima pagina del giornale «El Litoral»: «Deposto il governo del Dottor Illia. J. Onganía, Presidente provvisorio».

«La mancanza di ostentazione è fondamentale per chiunque voglia esercire un’azione docente di qualunque genere... per essere utili bisogna essere austeri, disinteressati e modesti.»

Arturo Umberto Illia.

«Il colpo di Stato del 28 giugno 1966, che rovesciò il governo costituzionale, fu uno degli atti più dannosi per la continuità istituzionale e per il vero sviluppo socioeconomico dell’Argentina. Questo ubbidiva a diverse cause: il possibile ritorno al potere del peronismo, il suo scontro con i capitali petrolieri e le multinazionali farmaceutiche, la straordinaria campagna di azione psicologica attraverso tutti i mezzi di comunicazione; e una nuova coalizione fra le gerarchie sindacali e i militari di orientazione franchista e ispirati nella Dottrina della Sicurezza Nazionale, sono le più ripetute.

Anche se non si dice con frequenza, per paura di incorrere in affermazioni politicamente incorrette, bisogna sottolineare che il colpo contro Illia fu possibile fondamentalmente grazie al patto, o alleanza militare-sindacale peronista di tradizione corporativista e reminiscenze franchiste.

Perché un patto? Perché ogni patto porta con sé una controprestazione fra le parti, e il patto militare-sindacale peronista venne stretto nell’escalation di violenza corporativa che si manifestò nel piano di lotta con occupazione di fabbriche decretato dalla CGT, ed eseguito con precisione cronometrica e terminò con la consegna da parte del governo dittatoriale di Onganía del controllo del sistema di opera sociale ai sindacati peronisti, cosa che costituisce un vero freno di corporativismo fascistoide e un debito dello stato democratico ancora oggi. Questo ha significato che i soci delle corporazioni e le opere sociali siano senza un’adeguata ed efficace attenzione sanitaria, e i dirigenti sindacali corrotti ed arricchiti.

Quel patto fra i militari tirocinanti di destra e i sindacalisti peronisti si è eseguito fino ad oggi con rigoroso dettaglio ed è stato il meccanismo di finanziamento irregolare del peronismo con la contribuzione di tutti i lavoratori argentini, male amministrati e diretti”, spiega Diego Barovero.

Arturo Umberto Illia servendosi un bicchiere.
Arturo Umberto Illia servendosi un bicchiere.

Perón appoggiò e simpatizzò con il colpo.

La prova è negli archivi. A fine giugno, nel preciso momento in cui il generales Juan Carlos Onganía giurava come nuovo presidente, Perón riceveva a Puerta de Hierro il giornalista Tomás Eloy Martínez, inviato della rivista Primera Plana, e gli diceva: «Per me questo (il colpo) è un movimento simpatico, perché ha messo fine a una situazione che non poteva più andare avanti. Ogni argentino pensava così. Onganía mise fine ad una tappa di vera corruzione. Illia aveva fermato il paese volendogli imporre delle strutture dell’ottocento, quando nasce il demoliberalismo borghese, frammentando i partiti politici. Se il nuovo governo va avanti bene, trionferà.»

«Il colpo del 1966 ebbe soltanto due attori, fra l’altro per il ruolo destabilizzatore avuto dal peronismo.»

Come prova dell’appoggio peronista al colpo è stato abituale ricordare che importanti dirigenti, come il metallurgico Augusto Vandor, presenziarono il giuramento del nuovo dittatore nella Casa Rosada. Malgrado ciò, la parola del leader sembra più eloquente che i gesti politici di quel dirigente sindacale, divenuto poi ribelle, che finì i suoi giorni assassinato da una cellula guerrigliera.

Quanto pubblicato da Primera Plana il 30 giugno 1966 è riprodotto sul sito «El historiador», di Felipe Pigna, che non suole essere tacciato di essere un «gorilla» dalla storiografia peronista. Dice Perón: «Simpatizzo con il movimento militare perché il nuovo governo mise un limite ad una situazione catastrofica. Come argentino avrei appoggiato chiunque ponesse fine alla corruzione del Governo Illia. La corruzione, come il pesce, incominciò dalla testa. Illia utilizzò la frode, gli inganni, le proscrizioni. Pensó che la politica era giocare in vantaggio, e in politica, come nella vita, tutti gli imbroglioni finiscono a Villa Devoto. L’uomo che mise fine a questo, naturalmente deve essermi simpatico, ma non so se lo sarà pure nel futuro. Il difetto de governo attuale è che non sa esattamente quello che vuole, ma il problema verrà quando aprirà il pacco, perché neanche loro sanno che cosa ci sia dentro.»

Frammento di Pablo Mendelevich per La Nación.

Link per l’articolo originale in spagnolo:

http://www.elclubdeloslibrosperdidos.org/2016/06/el-mejor-presidente-de-la-argentina.html?m=1


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